ROMA.
IL TEMPO. Antonella Melilli. 13.11.2003.
"Yves Lebreton il trionfo della fantasia.
Un attore-autore che oggi torna al pubblico romano con la leggerezza
delicata e sorridente di un brevissimo spettacolo intitolato «
Nessuno ».Dove, solo sulla nudità del palcoscenico,
egli si abbandona all'inventività di una fantasia lieve
e al tempo stesso funambolica, pronta a cogliere al volo il più
evanescente pretesto per intessere l'irreale dialogo di ogni parte
del suo corpo con i pochi oggetti in scena. Distillando dai propri
arti e dalle cose intorno attegiamenti autonomi, sentimenti dispettosi,
paure sconvolgenti, in un susseguirsi di gags che hanno il sapore
gioioso dell'infanzia e del sorriso... Un spettacolo fatto di
niente, garbatamente tessuto di poesia e pervaso al tempo stesso
della spensieratezza sorridente del divertimento e dell'ironia".
ROMA. IL GIORNALE. Laura Novelli. 13.11.2003.
"Con Lebreton la poesia è tutta nei gesti.
Calato in un spazio buio e vuoto attraversato ora da rumori in
sottofondo, ora da fasci di luce, ora da cose che volano da una
quinta all'altra, Lebreton sembra un clown d'altri tempi, magro
ed elegante, che cammina per il mondo con la sua valigia vecchio
stile piena di gesti e sguardi espressivi, di salti, movimenti,
camminate in avanti e all'indietro capaci di trascinare il pubblico
in un altrove sospeso e rallentato. Bastano un chiodo, uno sgabello,
una mano finta, una piuma, un martello, uno spago, un coniglio
di peluche in odore di evidenti richiami all'Alice di Lewis Caroll
per costruire, a poco a poco, il quadro di una meraviglia infantile
tutta tesa sul filo del viaggio onirico, del volo leggero sulle
ali della fantasia. E forse una pièce così teneramente
umana, così tacita e calma può risultare persino
lontana dalla frenesia dei nostri tempi folli e dei nostri corpi
ipercinetici. A ben vedere, però, sta qui la sua originale
raffinatezza, resa possibile dall'estrema maestria con cui questo
teatrante un po' ballerino e un po' buffone sa padroneggiare corpo
e volto... Un lavoro che elogia il ritmo sospeso del sogno, che
ammicca con garbo alla spensieratezza dei bambini. Un lavoro,
in definitiva, diverso e del tutto originale proposto come un
tempo « altro » dentro cui scordare il trambusto della
vita senza, con questo, rinnegare la sua ineluttabile e spesso
drammatica fatica".
NAPOLI. IL MATTINO. Franco de Ciuceis. 19.12.2002.
"Un uomo con valigia attraversa il palcoscenico. Esita, si
ferma, avanza, torna sui suoi passi. Consulta l'orologio : è
troppo tardi, troppo presto ? Chi è questo viaggiatore
? É un vagabondo dell'arte e della poesia, un sognatore
solitario. É Yves Lebreton, il grande mimo, maestro del
teatro del silenzio. Lebreton è un singolare artista, mimo
e clown insieme... Ha creato una sua cifra stilistica che del
mimo ha tutte le qualità e la tecnica perfetta, ma poi
esplode nella fantasia creativa e nel compassato dinamismo di
un clown sui generis... Gag surreali, ironia, divertimento allo
stato puro. Mimo rigoroso, clown magistrale, clochard con animo
di fanciullo, al termine con un gesto estende l'applauso del pubblico
ai suoi attrezzi, compagni del suo circo immaginario".
NAPOLI. CRONACHE DI NAPOLI. Irene Alison.
28.12.2002.
Con 'Nessuno' Lebreton restituisce la parola al corpo.
... Due mani mobili e impertinenti, sempre pronte ad inventare
gesti nuovi, due piedi buffi e inafferrabili, ballerini su un
tappeto sonoro di sussurri, Lebreton porta in scena il suo corpo
elastico che rimbalza ad ogni gesto, vibra ad ogni suono, trova
un'emozione per ogni oggetto. Su un palco nudo l'artista francese
si trasforma in romantico incantatore di piume, ardito giocoliere
con chiodi e martello, domatore di scodinzolanti cordicelle, prestigiatore
con valigia, in un interrotto dialogo tra corpo e oggetti.
FIDENZA. GAZZETTA DI PARMA. Valeria Ottolenghi. 23.12.2001.
Maestria del mimo in scena.
Il grande mimo Yves Lebreton ha svelato nuovamente il suo prezioso
virtuosismo nel creare con pochi oggetti tante situazioni buffe,
poetiche, ironiche, scherzose, malinconiche....
CAGLIARI. L'UNIONE SARDA. Grazia Pili. 09.12.2004.
"Un geniale e magico Yves Lebreton.
Yves Lebreton ha conquistato il pubblico - numerosissimo - dopo
pochi minuti dal suo ingresso... Non c'è voluto molto perché
l'attore riuscisse a trascinare la platea nei suoi dialoghi senza
parole con gli oggetti, nel suo teatro corporeo, in una fantasia
dove l'ironia e l'assurdo si rispondono in un dialogo sempre reinventato
tra l'attore e i suoi compagni di scena : che siano chiodi o bolle
di sapone. E ogni cosa finita tra le sue mani si anima, prende
vita, acquisisce voce e personalità... Il filo conduttore
è uno soltanto : l'evasione. Di quella più pura,
quasi infantile, in grado di stuzzicare la risata più fragorosa
solo con un'occhiata verso un indeciso filo di spago. Ha ragione
Lebreton quando dice che « Nessuno » non si può
raccontare perché non racconta niente. La parola e la narrativa
non trovano spazio nelle sue favole. E non sono servite parole
quando il pubblico ha applaudito uno per uno gli oggetti in scena,
dall'asse di legno alla sega, dal martello al bicchiere".
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